L'ANALISI ESISTENZIALE
(Jaspers, Binswanger, Minkowski,Von Gebsattel, Scheineder, Frankl, Laing)
L'orientamento fenomenologico-esistenziale non rimase confinato all'interno della sola filosofia,
ma costituì un "clima" culturale destinato ad influenzare molti contesti disciplinari tra cui la
psicologia e la psichiatria. Difficile, però, sarebbe individuare i singoli apporti della fanomenologia
e dell'esistenzialismo, orientamenti caratterizzati da una reciproca contaminazione, e animati,
all'interno, da un dibattito complesso che vede molte diversificazioni teoretiche.
L'opera di Heidegger (ci riferiamo sopra tutto ad "Essere e tempo" ) rimane comunque il punto d'incontro
della fenomenologia e dell'esistenzialismo, e, sicuramente, insieme all'opera di Husserl, quella che ha
offerto la maggior fonte di temi e di costrutti teorici alla psicologia e alla psichiatria esistenziali.
Karl Jaspers (1883-1956) si laureò in medicina nel 1909 e lavorò nell'ospedale
psichiatrico di Heidelberg fino al 1915. Nel 1913 aveva pubblicato la "Psicopatologia
generale" ed ottenuto la libera docenza in filosofia. Egli fu fortemente influenzato da Max Weber,
da Dilthey, da Husserl; ma sono, anche, facilmente rintracciabili nella sua opera le tracce di Kierkegaard
e di Nietzsche. Nel 1919 pubblicò il suo primo lavoro di interesse filosofico ("Psicologia delle intuizioni
del mondo"), che può essere considerata la prima opera di filosofia esistenzialistica, anteriore, anche ad
"Essere e tempo" di Heidegger. Con la "Psicopatologia generale", prima opera di psichiatria ad
orientamento fenomenologico, imprime una svolta radicale allo studio delle malattie mentali. Egli sottolinea
i limiti della psicopatologia, impossibilitata a definire il singolo individuo attraverso concetti psicologici,
perché l'uomo è, nella sua complessità, un infinito inesauribile.
La psichiatria tradizionale, che assume la strumentalità propria delle scienze naturalistiche, coglie i
singoli sintomi e li associa per formare quadri clinici, entità nosografiche autonome, dotate di un
inizio-decorso-esito e anche di una genesi organica (come voleva Kraepelin, nosografo per eccellenza che
tendeva a ridurre lo psichico al somatico) Essa non si interessa al fenomeno o sintomo psichico come
rivelatore di un modo di essere della persona. La riduzione dell'esistenza umana entro rigidi schemi
nosografici lo amputa della sua umanità, lo riduce ad oggetto naturale. Allo stesso modo non è possibile
conoscere il singolo attraverso un unico punto di vista ed un unico approccio teorico. Solo una pluralità
di approcci (la psicopatologia deve attingere ai diversi metodi delle altre discipline scientifiche) può
consentire di avvicinarsi (ma, soltanto avvicinarsi) alla complessità dell'essere umano che rimane, sempre
e comunque, inoggettivabile. Jaspers riprende la nota distinzione operata da Dilthey tra "comprensione"
e "spiegazione causale". La comprensione, che si basa sulla capacità dello psicopatologo ad
immedesimarsi (EinfÜlen) con i vissuti psichici dell'altro, è lo strumento elettivo per avvicinarsi
alla persona psichicamente sofferente. Essa, trova, però un limite in alcuni vissuti incomprensibili del malato,
quelli che sentiamo estranei al nostro mondo psichico: il delirio dello psicotico, nelle "modalità inderivabili"
in cui i contenuti affiorano alla coscienza, segna il limite oltre il quale lo psicopatologo non può spingere
la sua capacità di comprensione ed immedesimazione empatica con l'altro. L'orientamento psicopatologico di
Jaspers trova il suo corrispettivo in alcuni nuclei fondamentali della sua filosofia. Questa è, per Jaspers,
"ricerca dell'essere". L'organo della ricerca dell'essere, inteso come "cio che esiste", cioè come
semplice presenza fenomenica delle cose (dasein), come molteplicità di oggetti, in cui rientra la
stessa presenza umana, è la ragione. La ricerca dell'essere effettuata dalla ragione è definita da Jaspers
"orientazione scientifica nel mondo" . Ma la conoscenza prodotta dalla scienza può dare solo una
prospettiva particolare e determinata, può far conoscere questo o quell'oggetto, ma non permette un sapere
che riguardi la totalità dell'esperienza. Il mondo, come totalità assoluta dell'essere, rimane un
orizzonte trascendente, incircoscrivibile ed inafferabile I limiti della conoscenza scientifica
(la scienza sa ma non conosce il senso del suo sapere) conduce la ricerca razionale ad una inversione
di rotta, ad assumere, cioè, la forma della chiarificazione dell'esistenza.
Questa riconosce preliminarmente i propri limiti, la sua incapacità a conoscere e a circoscrivere l'essere:
l'esistenza (existenz), a differenza del dasein, è "ciò che non diviene mai oggetto".
Jaspers sottolinea il carattere estatico dell'esistenza, cioè, il suo "uscir fuori" dall'oggettività
per trascendersi verso un significato. L'inoggettivabilità non significa che l'esistenza sia del tutto
inconoscibile. Essa, piuttosto, può essere chiarita facendo riferimento a nozioni quali la comunicazione,
la storicità, la libertà. La libertà si rivela nelle situazioni-limite (la morte, il dolore, la colpa,
la lotta), situazioni che, in quanto incombenti ed ineludibili, ci interrogano e ci toccano nelle nostre
profondità. L'esistenza è sempre "in situazione", situazione storicamente determinata e già data,
in cui però ha una possibilità di movimento. L'essere umano è libero nella misura in cui "si sceglie"
(la scelta è un poter essere), ma scegliere in modo autentico significa assumere in via preliminare la situazione,
contingente e limitata, in cui egli si trova posto. Noi non siamo liberi di scegliere ciò su cui si tratta di
decidere, ma possiamo scegliere invece il modo di rapportarci a quella situazione, il che vuole sempre o
l'accettazione della realtà, per quanto dura, o la fuga. La comunicazione è, per Jaspers, oggetto di particolare
interesse. E' il linguaggio che distingue l'uomo dagli animali. Agli animali è precluso il linguaggio perché
sono immediatamente e direttamente dipendenti dall'ambiente: sono, cioè, incapaci di emergere dal mondo circostante,
incapaci di "e-sistere" e di aprirsi a quella rivelazione dell'essere che trascende il mondo-ambiente.
Jaspers distingue tra comunicazione inautentica, in cui l'essere umano esiste come semplice Dasein e non entra
in un rapporto effettivo con l'altro, e comunicazione autentica-esistenziale. Questa consente la rivelazione
dell'Io come "sé stesso":, consente di giungere alla "certezza di sé". ("Come singolo io non
sono né manifesto, né reale".) In essa i due Sé si relazionano l'uno all'altro in un rapporto di reciproco
riconoscimento e costituzione: "Poiché l'esser se-stesso si costituisce solo nella comunicazione, né io né gli
altri siamo un essere sostanzialmente fisso e determinato che precede la comunicazione"
Ludwig Binswanger (1881-1966) si laureò in medicina a Zurigo (1907) e fu collaboratore di
Jung e Bleuler al Burghölzli. Seguì per un breve periodo le teorie di Freud, al quale rimase legato con un
caldo e rispettoso rapporto epistolare anche dopo aver preso le distanze dalle sue posizioni. Egli fu
profondamente influenzato dalle teorie di Husserl ed Heidegger che lo portarono ad elaborare la
Daseinsanalyse (il termine è stato tradotto da Danilo Cargnello in Antropoanalisi).
Del primo assunse il metodo della riduzione fenomenologica, che mette "tra parentesi"
(epoché) le teorie scientifiche, consentendo di eliminare quelle barriere che le scienze naturali
hanno frapposto tra l'uomo e le cose, e di giungere alla datità originaria dei fenomeni. La Daseinanalyse
vuole eliminarequalsiasi pregiudiziale teoretica sì da non inficiare il suo "oggetto" di studio con nessuna teoria.
La scienza è paragonata allo sguardo della Medusa che rende immobile e pietrifica tutto ciò su cui si posa.
Il metodo delle scienze naturali, utilizzato nella psichiatria descrittiva e classificatoria, è fuori luogo
in campo psichiatrico perché perde di vista "l'altro" come persona, cioè la sua struttura esistenziale.
L'essere umano, infatti, non è dato dalla somma di parti che si addizionano le une alle altre; pertanto
l'analisi di un sintomo o di un comportamento non può essere considerato isolatamente dalla globalità
dell'intera persona. Da Heidegger, cui riconobbe il merito di aver chiarito la struttura fondamentale
dell'"essere-nel-mondo", derivò la sua analisi dell'esser-ci. La Daseinsanalyse non vuole essere
un'indagine filosofico-ontologica, ma vuole, piuttosto, esaminare i modi in cui concretamente l'uomo
si manifesta nel suo progetto mondano. Centro d'interesse diventa dunque l'uomo nel suo rapporto inscindibile
con il mondo.in cui "è gettato". L'essere umano è già, sempre, in un modo preliminare di porsi (fondamento)
nei confronti del mondo che non gli appartiene perché già dato: semplicemente vi si trova gettato.
Il progetto di mondo è la risposta che l'individuo dà al fondamento in cui si
trova gettato. Esso è rintracciabile in qualsiasi comportamento dell'individuo, in qualsiasi sfera dell'esistenza:
nel suo rapporto con il mondo fisico (Umwelt), con il mondo umano (Mitwelt), con il suo proprio
mondo psichico (Eigenwelt). Anche per Binswanger l'uomo ha la possibilità di scegliere, anche se la sua
libertà non è illimitata ma è sempre condizionata da quel fondamento preliminare in cui si trova gettato:
"nonostante che la presenza non abbia posto lei stessa il proprio fondamento […] le rimane però la libertà nei
confronti di esso". E può sempre scegliere tra esistenza autentica e inautentica. Quanto più sceglie rispettando
la propria autenticità, tanto più può svilupparsi in modo creativo e attuare le proprie potenzialità.
La persona autentica è attiva ed incide sul mondo; nelle relazioni interpersonali sa stabilire l'intimità
(modo duale), mentre la persona inautentica rimane su un piano formale e superficiale (modo plurale). Essa si
allontana dalla sua più autentica dimensione esistenziale e perde l'occasione di sviluppare le proprie
potenzialità, rimanendo statica ed immobile. Il modo in cui ciascun individuo si sviluppa dipende da una
molteplicità di fattori, tra cui l'ambiente umano e sociale in cui egli è vissuto. Tuttavia egli, al di là dei
condizionamenti del suo passato, degli stimoli esterni e degli impulsi interni può, comunque, autodeterminarsi
e diventare artefice del suo destino. La psicologia di Binswanger si sottrae a quel determinismo causalistico
che caratterizza, invece, la psicoanalisi freudiana. Da un punto di vista della Daseinsanalyse non ha più senso
la distinzione tra normalità e patologia, tra sano e malato. Il patologico non è altro che uno dei modi
possibili di "essere-nel-mondo", sia pure ristretto, chiuso, e coartato, ma pur sempre un progetto
di mondo. Le forme dell'alienità sono forme di "esistenza mancata". Afferma Binswanger: "Ciò che ci
estranea dal pazzo, ciò che lo fa apparire come alienato, non sono delle singole percezioni o idee, bensì il
suo essere rinchiuso in un progetto di mondo dominato da un solo o da pochi temi e pertanto estremamente ristretto".
Compito dello psicologo è comprendere il modo di "essere-nel-mondo" del paziente, sì da poter inquadrare
il sintomo nel progetto di mondo del paziente ed individuarne il significato all'interno della sua storia
personale. La comprensione del paziente vuole una particolare attenzione per il linguaggio. E' il linguaggio,
infatti, che permette di penetrare il cuore dell'esisteza ed afferrarne l'intima natura. Binswanger, più di altri,
ha accolto l'indicazione linguistica heideggeriana. Le espressioni linguistiche manifestano il modo in cui il
soggetto progetta il mondo e vi si apre. I fenomeni che l'antropoanalista cerca di interpretare sono
fondamentalmente fenomeni linguistici. Ogni fatto psichico è accessibile attraverso l'espressione, cioè il
linguaggio, gli scritti, la mimica, la gestualità. Diversamente da Jaspers l'antropoanalisi non pone alcuna
linea di demarcazione tra comprensibile ed incomprensibile. Il sintomo, per quanto alieno, diventa, piuttosto,
il linguaggio attraverso il quale è possibile accedere al mondo del malato.
Ronald Laing (1927-1989) psichiatra e psicoanalista (Tavistock clinic), è stato inserito
da Pier Aldo Rovatti, nel "Dizionario Bompiani dei filosofi contemporanei." Le implicazioni cliniche e
filosofiche dell'opera di Laing sono state, spesso e riduttivamente, offuscate dalla dimensione politica,
che pure è una sua componente, a causa del forte dibattito relativo al concetto di malattia mentale e alla
sua genesi che ha caratterizzato gli anni settanta. Sicché egli è generalmente definito "antipsichiatra",
formula che egli detestava. Amava invece definirsi "psicologo esistenziale", formula con la quale egli voleva
riconoscere il suo debito nei confronti "del pensiero esistenziale nel suo complesso", ma anche sottolineare
che l'obiettivo costante e fondamentale della sua ricerca era stato il cercare di dare senso e significato a
ciò che si pone fuori del senso. Egli non si stancò mai di denunciare le difficoltà a rispettare la soggettività
umana da parte di qualsiasi pratica psicologica e psicoterapeutica che si voglia definire scientifica ed il
rischio di riduzionismo naturalistico ad esse sottose.
L'opera in cui le componenti fenomenologiche ed esistenziali della suo pensiero emergono con maggiore evidenza
è "L'Io diviso"(1965), che è da considerarsi tra le più pregevoli espressioni di psicologia e filosofia
esistenziale. Egli fa propria la critica dell'orientamento fenomenologico-esistenziale alla psichiatria
tradizionale e al metodo clinico. Questi, ma anche la stessa psicoanalisi, trovano difficoltà nel comprendere
il mondo alieno dello schizofrenico perché partono da un punto di vista estremamente riduttivo. L'altro è visto
come oggetto su cui si esplica l'attività indagatrice dello psicologo, volta più a dividere la personalità del
soggetto in istanze psichiche piuttosto che ad instaurare un concreto rapporto Io-Tu. E lo stesso linguaggio
tecnico utilizzato mira a rinforzare la divisione dell'uomo che si vorrebbe descrivere. Il metodo clinico,
classificatorio non aiuta a comprendere l'altro nella interezza della sua persona. Lo psicologo di orientamento
fenomenologico-esistenziale deve, invece, saper cogliere la totalità della persona sullo sfondo del suo particolare
essere-nel-mondo. Perché questo si realizzi deve saper prendere le distanze dal proprio sistema di
riferimento ed entrare in quello dell'Altro, attingendo alla propria schizofrenia ma senza, per questo, rinunziare
alla propria sanità mentale. Per poter incontrare l'Altro è necessario sintonizzarsi sulle stesse modalità
comunicative e attingere allo stesso mondo regressivo. Questa abilità empatica proposta da Laing (e di cui egli
era capace), assolutamente radicale, va ben oltre l'empatia descritta da altri rappresentanti dell'approccio
fenomenologico-esistenziale ed esige una consistente dose di "amore terapeutico" nei confronti dell'Altro.
La relazione terapeutica fu per lui oggetto di costante e particolare interesse, relazione di cui egli vedeva
le inevitabili ambiguità ed aporie e che lo portò ad esplorare, sopra tutto negli ultimi anni della sua vita,
nuove forme di approccio al disagio esistenziale.(Presso il CSU di Roma, della cui scuola di formazione fu
con-direttore insieme a Rollo May, egli si interessò ad una nuova modalità di lavoro che consentiva di lavorare
sulle esperienze preverbali). Ne "L'Io diviso" Laing analizza una delle categorie fondamentali che costituiscono
l'esser-ci: la sicurezza ontologica primaria. Lo schizofrenico non ha esperito tale condizione originaria:
egli vive, pertanto, in uno stato costante di incertezza e di identità precaria, che lo portano a vivere il
mondo-ambiente ed il mondo-umano come minacciosi e pericolosi. La insicurezza ontologica primaria è la conseguenza
di un inadeguato processo di formazione della propria identità intesa come consapevolezza "di essere separato
e distinto dagli altri". Manca nello schizofrenico la capacità di stabilire una linea di confine con il mondo
e, quindi, il rapporto io-mondo è fortemente disturbato, oscillante tra il rischio dell'isolamento e quello
della fusione con l'Altro. In entrambi i casi la precarietà della identità della persona psicotica viene rinforzata.
Il timore della fusione può portare a distruggere l'identità dell'altra persona, ma da questo deriva un ulteriore
impoverimento di sé perché gli viene a mancare il riconoscimento da parte dell'altrui soggettività. Laing dedica
un'analisi accurata al sistema del falso io che, già presente nella letteratura psicoanalitica (il
falso sé di Winnicott), si arricchisce del punto di vista fenomenologico-esistenziale.. Il sistema
concettuale costruito da Laing è, dunque, il risultato dell'incontro produttivo e della sintesi creativa della
psicoanalisi (era stato allievo di Winnicott), della teoria interpersonale di Sullivan e della filosofia
fenomenologico-esistenziale. Il sistema del falso io si riferisce al modo particolare di essere-nel-mondo
della personalità schizoide. Esso si forma attraverso la sottomissione alle aspettative degli altri: la persona
sarà come gli altri desiderano che sia, farà ciò che gli altri si aspettano che lei faccia. Il sistema del falso
io è "il complemento di un io 'interiore', che è occupato a conservare la sua identità e la sua libertà
mediante la trascendenza, mediante l'esser incorporeo, e che pertanto non può mai essere afferrato, fermato,
o posseduto. E' sua finalità essere un puro soggetto, senza nessuna esistenza oggettiva". Esso è la
strategia che lo schizoide usa per difendere il suo sé più autentico, i suoi desideri, la sua volontà tenendoli,
appunto, nascosti. L'insicurezza ontologica primaria ed il sistema del falso sé hanno un'implicazione
relazionale: la persona si chiude perché teme di essere svuotata, risucchiata, penetrata. Laing assume
un'ottica sullivaniana, interpersonale: la schizofrenia è una difesa, è un modo di difendersi dalla paura
degli altri, è un modo per salvaguardare la propria integrità ed autonomia. L'ottica relazionale ed interpersonale
conduce Laing alla consequenziale concezione socio-familiare della malattia mentale e allo studio delle
dinamiche della famiglia, sistema in cui si originano la normalità e la follia I suoi contributi nell'ambito
dello studio dei meccanismi attraverso i quali si articola il funzionamento del sistema familiare (collaborò
con Bateson) sono di notevole interesse: egli fu tra i primi ad utilizzare nell'osservazione della
famiglia il punto di vista "trigenerazionale".